Jungle trend

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“Non so se voi siete come me, ma quando entro in quelle serre e vedo quelle strane piante di paesi esotici, mi sembra di entrare in un sogno”. Henry Rousseau

È un fatto assolutamente singolare che l’artista Rousseau abbia potuto descrivere, attraverso i suoi dipinti più celebri, la natura selvaggia. Con immagini di foreste lussureggianti e inestricabili, popolate da fiere o da misteriose incantatrici e donne sognanti, è riuscito a creare intorno a sé una misteriosa leggenda che lo ha reso come un avventuroso viaggiatore capace di descrivere luoghi idilliaci e paesaggi esotici, ma senza averli mai visitati o essersi mosso da Parigi. Io la chiamo magia! Questo artista ha saputo nutrire la propria fantasia creativa, coltivare uno spirito di osservazione fervido e sviluppare nello stesso tempo una precisa attitudine critica, restando chiuso nel proprio Atelier, visitando giardini e zoo di Parigi o sfogliando un almanacco di fotografie di animali selvaggi. Gauguin, al contrario, ha visitato luoghi remoti e lontanissimi, come la Polinesia: paradisi artificiali di un’umanità arresa che deliberatamente aveva “mollato gli ormeggi, abbandonato la frenesia della città, alla ricerca di luoghi incontaminati e perduti, in cui illudersi di poter trovare una nuova purezza e naturalità (…) in cui vivere significa cantare e amare (…)”, come affermava lui stesso, così lontano dalla prosa quotidiana.

Henri Rousseau - The Dream - 1910 - Moma NY

Non smetterò di riconoscere in Rousseau una personale poesia, con la quale seppe essere al tempo stesso moderno e ossequioso dei valori di storia e tradizione, senza ostacolare e interferire, ma prendendo parte a suo modo ai cambiamenti che i tempi esigevano. Visse sempre nell’assoluta consapevolezza del proprio ruolo e tempo, con candore e riserbo, un’ingenuità che finì per etichettarlo come un “Naif”. Con pacatezza riuscì a convincere il pubblico del suo tempo, ma anche il nostro, della forza delle sue ragioni e della convinzione che i fatti contano molto di più delle parole e della teoria, che la strada più incerta e maldestra da lui intrapresa sarebbe divenuta ricca di inaspettati risultati.

Henri Rousseau - The Dream - 1910 - Moma NY_2

Spesso mi domando come mettere in relazione questa vicenda artistica con la quotidiana esperienza di vita e come l’Arte, quindi, possa influenzare il modo di vedere e di intendere le cose. In effetti Rousseau, con le sue opere, indica un richiamo presente in tutte le epoche storiche, quello di vivere in mezzo alla natura. Si tratta di una tendenza che va manifestandosi anche nel nostro quotidiano a livello globale, grazie alle esigenze delle nuove generazioni: i Millennials e i nativi digitali della Generazione Z, che rifiutano le convenzioni e desiderano affermare nuovi stili di vita e modalità di lavoro più in linea con i propri desideri, cercano di liberarsi da riti e abitudini. È il tempo del Biophilic Design, un modo innovativo di progettare i luoghi in cui viviamo, lavoriamo e siamo educati.

Il rapporto tra uomo e natura è sempre stato interconnesso, ma soprattutto oggi è forte il desiderio di recuperarne il contatto intimo, a causa della crescente urbanizzazione che porta gran parte della popolazione mondiale a vivere nelle città. Alla stessa stregua, è necessario avere attenzione nei confronti della luce naturale che, con il ritmo circadiano, detta l’alternanza luce/buio alla quale tutti gli esseri viventi hanno il bisogno di sincronizzarsi. Anche se il nostro stile di vita ci permette di prescindere dalla normale durata del giorno, restando attivi fino a orari impensabili e sottoponendo il nostro corpo a una luce fredda e artificiale, dobbiamo pensare che a regolare il ticchettio del nostro orologio biologico interno provvedono cellule situate nell’ipotalamo, che ricevono le informazioni sulla luce esterna tramite la retina dei nostri occhi. In questo modo si regolano i ritmi biologici del nostro corpo e degli organi, che seguono per natura un ciclo di ventiquattro ore: per questa ragione l’illuminazione all’interno degli spazi deve essere coerente con quella esterna, per fare in modo che il nostro orologio biologico non smetta di funzionare e ci assicuri quel fondamentale senso di benessere necessario per la salute fisica e mentale. Infine, oggi vediamo il moltiplicarsi di sperimentazioni con le piante all’interno degli spazi, che non hanno più solo funzione decorativa, ma diventano un vero e proprio elemento compositivo capace di creare comfort acustico, microclimatico e benessere, modificando completamente il paradigma tra esterno/interno.

Sono stato profondamente colpito dalle parole di Liz Diller, socia di uno dei più visionari studi d’architettura (Diller Scofidio + Renfro) che afferma di pensare a questa disciplina come a un’esperienza teatrale, una sorta di effetto speciale. Il suo studio cerca di accrescere la comprensione degli spazi che le persone vivono quotidianamente, sebbene lo abbiano sempre davanti agli occhi, ma vi passino dinanzi in modo distratto e senza dischiudere i sensi. Il suo approccio progettuale mira a dischiudere i sensi e dare uno sguardo critico sul mondo, attraverso ispirazioni e sensazioni che destabilizzano e producono delle reazioni. L’obiettivo è quello di oltrepassare la ricerca sulla forma, ridisegnando le esperienze e i processi sociali: in poche parole la vita. È questo il suo programma per una nuova architettura, evidente nel progetto innovativo di High Line a New York, che ha trasformato una vecchia e inutilizzata sede tranviaria sopraelevata in un percorso naturale ricco di sorprese e spazi ricreativi, che si snoda tra i grattacieli della città. In linea con questa tendenza è anche l’avveniristico progetto a scala urbana dell’architetto Stefano Boeri, che dopo aver realizzato i grattacieli in forma di Bosco verticale a Milano, ha immaginato per la città meneghina un vero e proprio “Fiume verde” che riconnetterà le vecchie stazioni ferroviarie, riqualificando il tessuto connettivo attraverso piante e arbusti.

High Line NY

Level Office Landscape intende dare il suo contributo a questa visione e per questo ha avviato con l’azienda italiana di arredo outdoor UNOPIU’ e il partner Verde Profilo, specializzato in soluzioni green di design e con una profonda conoscenza nell’utilizzo di elementi naturali nell’ambito architettonico, un progetto denominato Green Tech Philosophy. Si tratta di un osservatorio permanente con lo scopo di indagare e approfondire i nuovi modi di vivere il verde, sia all’esterno che all’interno, superando ogni consueta barriera e dove la tecnologia giocherà un ruolo importante nella definizione degli scenari futuri, trasformando il progresso in benessere.

Come esorta il grande sociologo francese Maffesoli, la pulsione dell’erranza che pervade tutti i campi, deve essere presa sul serio. Si tratta di quella ribellione violenta o discreta nei confronti dello status quo che quotidianamente ci mostra che è tempo di riprendere il cammino e tornare a diventare viaggiatori, ritrovare la parte avventurosa della vita e del destino, l’immaginario e il sogno, il lontano e il misterioso che per lungo tempo la nostra società ha soffocato e che con estrema minuzia il doganiere H. Rousseau ci ha descritto. Si tratta dunque di un progetto e di una sfida che esorta a tornare a essere visionari, per diventare creatori di nuovi scenari futuribili.

A cura di Massimo Gianquitto

Immagini

Renri Rousseau – Le Reve – 1910 – Moma NY

High Line NY, by Diller Scofidio + Renfro