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Che cos’è il Metaverso e come si lavorerà in questa nuova dimensione

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Come si “vivrà” nel Metaverso? Dopo l’annuncio della nascita ufficiale di Meta, fatto da Mark Zuckerberg, sono in molti a interrogarsi sulla futura unione del mondo digitale con quello fisico. Ecco le riflessioni di Massimo Gianquitto sull’argomento.

 

Zuckerberg ha annunciato la nascita del Metaverso

 

In un interessante articolo apparso sul corriere della Sera del 7 novembre 2021, il giornalista Federico Rampini, corrispondente dall’America per la Rai, in occasione della trasformazione di Facebook e del lancio del nuovo Metaverse si domandava se tutto ciò fosse una visione di un mondo nuovo o solo un ennesimo e attraente prodotto digitale.

A darne l’annuncio Mark Zuckerberg, il geniale giovane che nel pensionato dell’Università di Harvard, dove al tempo studiava, ha dato vita al primo social della storia: Facebook. Ne è poi diventato il fondatore e amministratore delegato, proiettando l’azienda della new economy sul tetto del mondo e trasformando la sua vita in quella di un multimiliardario.

Adesso è giunto il momento per lui di focalizzarsi su un nuovo obiettivo, una “meta” in tutti i sensi. Durante la presentazione della sua nuova azienda, ha rivolto al pubblico un invito a varcare un ultimo confine, quell’estremo limite del reale per proiettarsi in un “oltre” (Meta in greco appunto), non più fatto di internet ma basato sulla realtà virtuale.

Un mondo che Zuckerberg promette di svelare attraverso la tecnologia, trasformando le vite degli suoi utenti in una nuova e infinita opportunità di business.

 

La Second Life offerta da Meta

 

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Alcuni utilizzatori credono che non cambi nulla all’interno dei loro social (Instagram e Facebook), tranne il nome che leggiamo quando apriamo le pagine, ma in realtà non è così.

Non c’è niente da scherzare e lo sanno bene gli esperti di tecnologia, poiché si tratta di un nuovo ecosistema a cavallo tra realtà virtuale e aumentata. Una rivoluzione che attende di compiersi e che modificherà i comportamenti delle persone alle quali questi prodotti digitali si rivolgono, con oltre 2 miliardi di utenti di Facebook e un miliardo di Instagram.

In un certo senso, il Metaverso non ci offrirà la possibilità di vivere una seconda vita come in Second Life appunto. Parliamo del gioco virtuale diventato virale, lanciato negli Stati Uniti nel 2003 dall’idea del fisico Philip Rosedale. Lì ogni persona poteva ricreare una doppia identità in un mondo virtuale elettronico, riprendersi le soddisfazioni che nella vita reale erano mancate o vivere il sogno di essere quello che desiderava diventare.

Una finzione certo, ma carica di emozioni e di aspettative, per sperimentare le migliori o peggiori esperienze, che creava una sorta di dissociazione della personalità. D’altronde perché replicare tale e quale la propria stessa esistenza? Ma questo è un sogno, un incubo o semplicemente un’opportunità consentita dal veloce sviluppo tecnologico?

 

La premonizione di Neal Stephenson

 

No, il Metaverso è qualcosa di differente. Certo anche lui è un luogo immaginario, nato dalla fantasia dello scrittore di fantascienza Neal Stephenson che nel 1992 ha raccontato di un mondo virtuale in 3D in cui le persone vivono grazie agli avatar.

Una realtà digitale ancora più complessa, una stratificazione progressiva, un continuum che connetterà la realtà fisica con quella virtuale, già ampiamente sperimentabile grazie alla tecnologia dei visori (Oculus, per intenderci, di proprietà della stessa Facebook). Nel video di presentazione di Meta si vede infatti, un giocatore di scacchi che sfida un’altra persona che non è presente nel suo spazio fisico, eppure è visibile. Come ha spiegato Zuckerberg: “il Metaverso consentirà di condividere esperienze immersive quando non si potrà essere fisicamente insieme”.

In realtà ne abbiamo già sperimentato molte anticipazioni. Basta pensare alle app come quella di Ikea, che consente di visualizzare uno dei suoi innumerevoli prodotti proprio all’interno della casa, semplicemente inquadrando un angolo con il cellulare, trasformando chiunque in una sorta di Interior Designer.

D’altronde, i visori permettono di simulare qualsiasi esperienza, anche le più estreme e difficili, che nella vita reale non ci sogneremmo di fare mai o di cui non avremmo il coraggio. Scalare una montagna, condurre un deltaplano o qualsiasi esperienza realmente avventurosa che richiede competenza, conoscenza e preparazione atletica, ma anche attività quotidiane come visitare un museo senza spostarsi o partecipare ad una riunione con un avatar.

 

Nuovi concetti di wereables, dalle scarpe virtuali agli smart glasses

 

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I giovani stanno già vivendo questo passaggio, dopo le sneaker della Nike l’azienda ha già creato le Cryptokicks, dimostrando come il mondo virtuale sia strettamente legato all’economia e permetta di vendere e comprare oggetti “digitali”, non fruibili nel mondo reale.

La tecnologia al momento è solo un brevetto, ma permette di associare a ogni scarpa la propria identità digitale. Un consumismo immateriale ma concreto più di quanto si possa immaginare, anche se la merce di scambio è in criptovalute.

Il sistema, in questo modo, consentirebbe di verificare attraverso la blockchain l’autenticità delle scarpe, che nel caso di alcuni modelli di sneaker Nike possono valere anche diverse migliaia di dollari.

Alle nuove opportunità di business ha pensato anche Ray-Ban, con il prodotto Smart Glasses, l’ultimissima novità in fatto di tecnologia indossabile. Dotati di fotocamera e sistema audio, questi occhiali da vista e da sole smart, rappresentano il connubio perfetto tra il mondo dei social e lo stile iconico dell’azienda di ottica.

Con questi occhiali è possibile scattare foto, fare video, ascoltare musica, ricevere chiamate e condividere i contenuti direttamente sui social. Dapprima distribuito a noti fashion blogger e influencer, per permettergli di utilizzarli e di recensirli, poi finalmente commercializzati, avranno sicuramente maggior fortuna di quelli creati da Google, realizzati troppo presto e mai lanciati concretamente sul mercato, ma che forse hanno tracciato questa nuova strada.

 

Come si lavorerà nel Metaverso?

 

In questo nuovo mondo immaginiamo già un modo diverso di lavorare, dove i luoghi fisici saranno contenitori di persone e ed esperienze, sia offline che online. Meeting con persone in remoto visualizzate come ologrammi, proiezioni in 3D di futuri scenari di business: le possibilità dei nuovi scenari di lavoro nel Metaverso sono pressoché infinte.

Per poterle vedere in azione, dobbiamo attendere ancora un po’, ma non molto. Il mercato spinge nella direzione di Meta e, nonostante le stoiche convinzioni e le resistenze dei meno tecnologici, la visione di Zuckerberg prenderà forma.

Il mondo non avrà più confini tra il possibile e l’impossibile, alterando in modo irreversibile e permanente la consapevolezza delle nostre potenzialità e dei nostri limiti umani. Non solo di quegli aspetti percettivi più evidenti ed esteriori, ma anche di quelli più rilevanti e profondi. Intimi e psicologici, delle relazioni interpersonali e sociali.