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Yayoi Kusama, Love Forever

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Massimo Gianquitto racconta dell’ultimo progetto dell’artista giapponese che, con i suoi puntini colorati, ha invaso le città di tutto il mondo nei flagship store di Louis Vuitton.

 

«Ho dipinto, scolpito e scritto per decenni, da quando sono in grado di ricordare, ma se devo essere sincera non sono ancora del tutto sicura di essere un artista». A sentire le parole di Yayoi Kusama scritte nel libro “Infinity Net La mia autobiografia (edito in Italia da Johan&Levi) si fa fatica a credere che si tratti della stessa artista che in questi giorni compare in molti showroom di Louis Vuitton.

Ed è presente non solo con le sue opere, i riconoscibili puntini colorati (una vera e propria ossessione a tratti psicopatologica come quella dei falli, che riproduce in stoffa), ma anche con la sua presenza. Ciò nonostante, leggendo il libro ci si accorge come questi pois abbiano segnato il suo percorso personale sin dall’infanzia in Giappone e non l’abbiamo mai lasciata, nemmeno con il suo trasferimento a New York avvenuto nel 1957, o con l’inizio della sua carriera artistica in cui realizzava quelle enormi tele di punti monocromi che proliferano come batteri.

 

Le prime installazioni di Yayoi Kusama

 

I punti sono diventati un’ambiente spaziale, un’installazione dal titolo “Obliteration room” nel 2002 in una mostra tenutasi presso la Queensland Art Gallery di New York, in cui il pubblico entrava in una stanza anonima completamente bianca e prendeva parte alla creazione dell’opera d’arte, attaccando liberamente pois colorati su ogni oggetto presente. Infine quei punti si sono smaterializzati, diventando una rete fitta di energia luminosa nelle opere “Infinity Mirror”, vere e proprie stanze ricoperte di specchi in cui si moltiplicano all’infinito le luci di lampade a led, connettendo lo spettatore con diverse dimensioni.

 

I takeover degli showroom di Louis Vuitton

 

Quella che dipinge i pois colorati sulle vetrine del negozio di Luis Vuitton sulla Fifth Avenue di New York, non è però l’artista in carne e ossa. Lei vive e lavora a Tokyo, facendo spola tra lo studio e la casa di cura per malattie mentali in cui soggiorna. La fedele riproduzione a dimensione naturale dell’artista, un clone, un automa si muove in modo del tutto naturale all’interno del negozio: alza il braccio e inizia a dipingere, gira la testa, chiude e apre gli occhi e le labbra come se stesse rivolgendo all’osservatore qualche parola. O addirittura la si può osservare nella sua versione gigantesca, al civico 101 degli Champs-Elysées, dove un’enorme scultura gonfiabile abbraccia il flagship store di Louis Vuitton.

Sembra quindi che il processo di liberazione dalle esperienze traumatizzanti e dalle situazioni conflittuali – la catarsi nella religione della Grecia classica, il rito magico della purificazione, inteso a mondare il corpo e l’anima da ogni contaminazione – che ha attraversato l’artista nel corso di tutta la sua vita si sia concluso e che Yayoi sia finalmente riuscita a condividere con gli altri il suo mondo e le sue paure, facendo riaffiorare alla coscienza  gli eventi dolorosi responsabili, rimuovendoli dal subconscio per trasformarli in opere d’arte cariche di energia vitale e universale, ma infine condannando anche se stessa a diventare un opera d’arte.

Eppure questa gioia che apparentemente sembra trasparire dalla creazione dei pois, ricorda il mito di Mida, il re della Frigia, la cui versione più nota è quella del poeta latino Ovidio. L’autore, nelle sue Metamorfosi (XI, 85 ss.), scrive come il dio Dioniso per ricompensare Mida del ritrovamento di Sileno, il precettore del dio, gli concesse la possibilità di trasformare tutto quello che toccava in oro, scoprendo ben presto che quel dono era anche un regalo maledetto. Ma questo Yayoi lo ha sempre saputo, mentre una superficiale e disattenta interpretazione indurrebbe a pensare il contrario.

 

Yayoi Kusama a Milano

 

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E ora Yayoi è ospitata a Milano, nel nuovo showroom di Louis Vuitton che ha sede nello storico garage Traversi in via Bagutta, a due passi da piazza San Babila, che sembra più una galleria d’arte che un retail del lusso. L’autorimessa chiusa nel lontano 2003 dopo aver stupito la città con l’impianto monta vetture che permetteva alle macchine di arrivare ai piani superiori senza rampe, è stata trasformata in uno spazio delle meraviglie.

Il brand del gruppo LVMH occupa tre livelli in cui il piano terra e il secondo piano sono dedicati al retail, mentre il primo è destinato a ospitare progetti speciali, con un calendario che alterna pop-up immersivi a esibizioni dalla vocazione artistica e culturale. L’apertura del nuovo spazio milanese arriva in concomitanza con il lancio mondiale della collezione “Louis Vuitton x Yayoi Kusama“, e per questo il primo progetto speciale è un allestimento immersivo ispirato all’arte e ai motivi ricorrenti dell’artista giapponese.

C’è il motivo “Infinity Dots” a pois giallo e nero e dalle “Metal Ball“, le maxi sfere in metallo su cui si riflette lo spazio, moltiplicandosi all’infinito, che l’artista utilizzò nel giardino di Narciso alla Biennale di Venezia per la prima volta nel 1966 con un’incursione non autorizzata in compagnai del maestro Lucio Fontana. Un richiamo anche sulla facciata dell’edificio che presenta le vetrine speciali con il tema “Infinity Dots” e sulla terrazza, dove dominano tre zucche giganti dai colori accesi, ispirate al celebre tema Pumpkins dell’artista.

 

L’ossessione e la liberazione

 

Yayoi Kusama non è solo questo. Si commetterebbe un torto giudicando frettolosamente la sua opera, o meglio questa sua riproposizione di LVHM, trascurando le esperienze degli anni Sessanta negli Stati Uniti che resero celebre i suoi Body Painting Happening e che la consacrarono come la Sacerdotessa dei pois e la Regina del pacifismo.

Certo la tentazione di leggere, come scrisse Keith Haring nel suo diario nel 1987: “Il mercato dell’arte come una delle organizzazioni più pericolose, parassitarie e corrotte del mondo” è fortissimo, portando dunque a ritenere l’arte come una merce da comprare e vendere, ma riflettendoci bene, potremo considerarla accessibile, onnipresente. Un bene comune, capace di trasformare le vite delle persone e farcele amare per sempre.

 

Immagini courtesy Louis Vuitton